I folli sono solo sognatori svegli

[recensione creativa a L’imperatore di Portugallia, di Selma Lagerlof]

“E’ bello fare banchetti con la fantasia, hanno un sapore migliore di quelli reali”.

Quelle persone che definiscono Jan di Skrolyka “folle”, sono persone che non hanno mai amato davvero qualcuno, o, se lo hanno fatto, non hanno mai perso quel qualcuno insieme ad un pezzo del loro cuore. Jan è pazzo, sì, ma di amore; un amore incondizionato nei confronti della figlia. Quello che prova l’uomo per la ragazza è un sentimento che nessuno pare capire all’interno del libro, se non l’uomo stesso, e a causa proprio di questo sentimento, davanti agli occhi del protagonista si crea un muro, un muro talmente resistente da non poter essere distrutto e al tempo stesso fragile come il vetro; ma non un vetro trasparente, di quelli che ti bloccano nel tuo mondo senza permetterti di tornare alla realtà, consentendoti però di osservarla; piuttosto un vetro opaco, che deforma la realtà, la sfuma, negando così a Jan di vederla nella sua pienezza, costringendolo quindi ad immaginarla…a sognarla.

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Da dietro questo vetro il protagonista vede l’immagine di sua figlia, ormai partita da quindici anni e della quale si hanno solo ambigue e distorte notizie. La vede sgranata, la sogna come vuole lui: bella e luminosa come il Sole, in lunghe vesti pregiate, con una sfarzosa corona d’oro sulla testa, a governare su un maestoso e vasto paese: la Portugallia.

Non in pochi hanno tentato di estrarre la spada dalla roccia in cui era bloccata, allo stesso modo non in pochi hanno tentato di infrangere il vetro che impediva la visione della realtà a Jan, con la differenza che, nel secondo caso, non arriverà alcun eroe ad aprire gli occhi a questo padre innamorato, nemmeno la figlia.

“Non serve a nulla rifugiarsi nei sogni e dimenticarsi di vivere”

Così dice Albus Silente nel noto libro “Harry Potter”. Ad un’affermazione del genere Jan avrebbe risposto con un’espressione stranita: insomma, sapeva benissimo che era inutile rifugiarsi nelle proprie fantasie, senza però rendersi conto di essere diventato lui stesso parte integrante di esse!

A questo punto percepiamo un altro sentimento che l’uomo sente suo per gran parte del libro: la speranza. Questa sua “follia” non nasce solo dal voler negare la realtà immaginandone una del tutto irrazionale, nasce anche dalla speranza continua che la sua amata non si sia ridotta davvero nel modo che tutti raccontano; tutti mentono, a parere di Jan; la notizia del destino della figlia è una menzogna, una falsità bella e buona.

Jan non impazzisce, Jan sogna, sogna ad occhi aperti, sogna per non guardare, perché guardare gli procurerebbe solo più dolore del dovuto. In conclusione, Jan, l’imperatore “folle” di Portugallia, non è folle, è un sognatore, e sicuramente non è il solo.

“Puoi dire che sono un sognatore, ma non che sono l’unico” (J.Lennon)

 

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